Best of Feelmaking
iPad Air (the Good and the Bad)
As of this writing, I've been using my iPad Air for a couple of weeks; this is my first iPad ever, and I'm ready to write my (unasked for) first impressions. Instead of delivering a long boring article about my experience — why would you care? — I came up with list. Because you like lists. We all do. Also, I'm lazy. As usual, I'm going to write things as they come to my mind, therefore you won't find any of the usual reviewish stuff.
As a sidenote: I wrote this piece on the iPad itself, and the photos embedded below have been imported and edited on the iPad too… Continua la lettura.
Pensieri di un morto di fama
Ultimamente mi è capitato di ridere, per non piangere, di una certa parte della blogosfera tecnologica — perdonate l’abominio linguistico — luogo di seghe mentali improbabili e sterili lusinghe reciproche tra blogger e sviluppatori. Non mi metto ad argomentare perché chi sa di cosa sto parlando sa di cosa sto parlando. Comunque, per fare qualche esempio: app scarne e basilari ricevono recensioni e plausi grazie alla fama dello sviluppatore, su update di software da 2€ si scrive per mesi e una recensione di un sistema operativo famoso per la sua intuitività conta decine di migliaia di parole — perché sempre più spesso quantità e qualità vengono confuse… Continua la lettura.
Gravity, un film ambientato nello Spazio (interiore)
For all its stunning exteriors, it’s really concerned with emotional interiors.
Gravity è Cinema. È un film che ti fa commuovere guardando la Terra, come quando nell’inquadratura di un quarto d’ora che apre il film, la camera passa dal macroscopico, la Terra appunto, al microscopico, un bullone che vola via.
The first shot of Gravity is very, very long and entirely sinuous. We see a slice of the Earth and then a dot that turns out to be a shuttle moving toward us, faster than we anticipate, with three figures attached—two working on the craft, one floating free. Of course it wasn’t done in real time—it’s computerized—but it’s still one (count it) shot that goes from macro (the planet) to almost micro (a dislodged bolt floating into the camera).
Cose da leggere (e ascoltare, e guardare) sul finale di Breaking Bad
When a show is as brilliant as Breaking Bad, it’s not just about the people we’re watching, it’s about those watching them. About us.
Nei giorni scorsi ho pubblicato su Twitter link e citazioni di molte letture sul finale di una delle serie che mi hanno appassionato, provocato, sfidato ed emozionato maggiormente negli ultimi anni, Breaking Bad. Qualcuno ha apprezzato molto queste condivisioni, ma qualcosa può essersi persa per strada, così ho deciso di raggruppare qui tutto quello che ha destato il mio interesse, escludendo i post più banali e integrando ciò che avevo mancato di condividere.
Consiglio, prima di proseguire, di leggere i commenti dei lettori di Vulture all’episodio, di recuperare l’intervento del cast della serie da Conan e di ascoltare almeno le ultime puntate del podcast ufficiale… Continua la lettura.
Una teoria sul finale di Breaking Bad
Emily Nussbaum, che ho cominciato a seguire purtroppo solo recentemente, non ha apprezzato particolarmente il finale di Breaking Bad (a differenza del sottoscritto). A prescindere da questo fatto, nel suo articolo The closure-happy “Breaking Bad” finale, la Nussbaum avanza una teoria un po’ folle e un po’ geniale sul finale della serie di Vince “Farò-il-contrario-di-quello-che-vi-aspettate” Gilligan.
La teoria, in sintesi, è che ciò che vediamo sia una fantasia di un Walter White morente, e che l’episodio, quindi, sia stato in un certo senso ‘scritto’ da lui. Ecco un estratto del suo post:
I mean, wouldn’t this finale have made far more sense had the episode ended on a shot of Walter White dead, frozen to death, behind the wheel of a car he couldn’t start?
Everything Wrong With Elysium
Leggo su Twitter che Elysium, di Neill Blokmkpptkmnmamp, è un film che merita, ed in effetti è più che godibile e appassionante.
Ahimè, non ho potuto fare a meno di notare, durante la visione, alcune cose che proprio non mi hanno convinto. Stimolato quindi da questi problemi e anche dalla voglia di resuscitare questo blog, ecco un elenco di cose sbagliate, sgradevoli o che-non-sono-proprio-errori-ma-li-metto-comunque-per-fare-numero. Cominciamo (ci sono gli spoiler, ma che ve lo dico a fare):
- A Blomkamp piace far esplodere le persone, spero solo nei film, e bisogna cercare il suo nome su Google prima di scriverlo.
- Il design dei robot è decisamente anacronistico.
Perché Encounter avrà successo
L’ultimo aggiornamento della mia campagna di crowdfunding:
Buongiorno contributori! La campagna avanza lentamente, ma avanza. Voglio spiegarvi perché avrà successo.
Raggiungerà l’obiettivo perché crediamo in un Cinema Indipendente senza compromessi, sostenuto dalle persone in un momento in cui nessun produttore penserebbe mai di finanziare un film di questo genere, in questo Paese.
Ma dipende tutto da voi. Noi ci mettiamo la passione, la serietà, il talento, la dedizione, l’ispirazione, il sudore, la voglia di fare. Voi ci mettete nelle condizioni di fare tutto questo, perché volete guardare avanti, oltre il cinismo e la mediocrità.
Nella vita spesso mi sono guardato intorno scoprendo talenti sopiti, potenziali inespressi, progetti interessanti che potevano nascere ma non hanno avuto il supporto necessario, persone in gamba ma senza una visione, una coordinazione, un obiettivo chiaro.
Scrivere su Medium
Non vi spiegherò cos’è Medium perché, tra gli altri, l’hanno già fatto molto bene Teehan e Lax in The making of Medium.com. Mi limito a dire ai più pigri che si tratta di una piattaforma di publishing che, per ora, è possibile utilizzare solamente su invito. Comunque, due parole sull’esperienza di scrittura, dopo essere stato inspiegabilmente invitato a scrivere sulla piattaforma e aver pubblicato il mio primo post Letter from a dead nerd, le voglio dire.
La differenza che salta subito all’occhio è la mancanza di una netta distinzione tra modalità di scrittura e lettura. È come quando si utilizza una vecchia macchina per scrivere, e le parole che prendono forma sul foglio di carta si mostrano già nella loro forma ‘compiuta’… Continua la lettura.
Io, Bologna dipendente: la genesi di un mockumentary di 60 secondi
Voglio condividere con voi la genesi del video “Non potrete più farne a meno” – o come l’ha chiamato Repubblica, “Io, Bologna dipendente” – e alcune riflessioni scaturite dalla sua realizzazione. È il primo video che scrivo e dirigo ed è motivo di grande soddisfazione in quanto ha ricevuto il primo premio nel contest Next Stop: Bologna – contest al quale avevamo già partecipato con Bononia, vincitore del secondo premio.
Lunedì 8 aprile 2013, nel pomeriggio, mi è venuta l’idea per un video da inviare, appunto, al contest Next Stop: Bologna sulla piattaforma Userfarm. Insieme ad altri tre ragazzi – Daniele Bisceglia, Francesco Gentili e Gaetano Narducci – stavo già realizzando, proprio per questo contest, un video che abbiamo cominciato a girare quello stesso pomeriggio, ma alla fine il risultato non ci ha convinti e il montaggio non è stato ultimato… Continua la lettura.
Il problema è l’italiano
Per anni mi sono chiesto cosa c’è che non va negli attori italiani. Su 100 performance attoriali che vedo, 5 mi convincono davvero. Inoltre anche quelle decenti, spesso fanno comunque trapelare il fatto che ci troviamo di fronte ad un attore italiano. Non sappiamo recitare, allora? Non proprio. Penso agli attori italiani che recitano nei film americani: mi danno un’impressione in qualche modo diversa (sì, ok, potrebbe essere una suggestione). A questo discorso ne ho connesso un altro: io ascolto podcast americani e podcast italiani, e i primi mi sembrano sempre decisamente più spontanei – come se gli host stessero “recitando bene” – rispetto a quelli nostrani, decisamente più impacciati… Continua la lettura.
Elevare i fini
Spesso mi sono chiesto come mai, in Italia, facciamo le cose peggio che altrove. Qualcuno storcerà il naso perché facciamo delle gran belle cose, noi italiani, e le abbiamo sempre fatte, anche meglio degli altri. Ma c’è un ambito in particolare che mi ha suggerito che non è sempre così: i cortometraggi e i film indipendenti. Ho visto infatti anche i prodotti più scadenti essere selezionati ai concorsi e persino vincere dei premi, ottenere sovvenzioni e riscuotere successo in rete. Sembra quasi che si apprezzi più l’impegno del prodotto, e questo è un atteggiamento davvero corrosivo. Ho la sensazione che noi mediterranei abbiamo questa tendenza ad essere sempre ‘consolati’ anche quando produciamo schifezze, e questo fatto dovrebbe essere legato alla cosiddetta figura della Grande Madre: concretamente prima e metaforicamente dopo, anche quando creiamo una schifezza qualcuno la apprezzerà e ci dirà che va bene così; noi saremo così legittimati a non migliorare… Continua la lettura.
Le idee migliori restano
Evernote. Day One. File di testo (solo testo) su DropBox. App meravigliose. Bellissimi taccuini Moleskine. iPad. Quanti modi diversi abbiamo, oggi, per appuntare le idee che ci vengono in mente? Forse troppi.
È vero che le idee sono fragili – coltivarle è un’arte – ma conservarle tutte può in fin dei conti essere controproducente. Si ritrovano ammassate tutte assieme e quelle migliori rischiano di restare soffocate. La nostra mente, invece, opera istintivamente una selezione e le cose migliori, se tutto va bene, perdurano.
Stephen King, ad esempio, non utilizza taccuini. Con semplici ma efficaci parole dice:
The good stuff stays.
Fermarsi prima di cominciare
Quando ti viene il dubbio se scrivere o meno un post, o qualsiasi altra cosa, scrivila. Non pensarci nemmeno un attimo perché il nostro cervello ha un modo molto strano di affrontare la cosa – ma ovviamente ogni testa lavora a modo suo, io parlo solamente in base alla mia esperienza.
In un certo senso la cosa fa pensare alla vita dei runner: a volte non ci si ferma dopo 4, 5 o 6km, ma ci si ferma prima di allacciarsi le scarpe. Anzi, è proprio quello immediatamente prima di cominciare ad essere il momento più critico. Nel caso dell’attività fisica, quando il mio cervello comincia ad elaborare le strategie più complesse per non farmi mettere la tuta e dirottarmi verso il frigo, prendo l’iPhone e le cuffie e ascolto musica spacca-timpani-super-mega-adrenalinica e il cervello è costretto timidamente a farsi da parte… Continua la lettura.
Lasagne al ragù
Crescere in una famiglia in cui c’è una cultura alimentare di altissima qualità è un grande beneficio e sarò sempre infinitamente grato per questo. La buona cucina, però, non ha fatto semplicemente di me una persona sana, robusta e con una certa sensibilità per il buon cibo, ma mi ha anche dato un grande esempio di come vanno affrontate le cose che facciamo ogni giorno, dalle più piccole alle più grandi. Poi avere uno zio pastaio mi ha anche dato una prospettiva del lavoro che sta dietro al cibo.
Come sapete, guardare una persona che sa cucinare bene, mentre cucina, è come guardare un artista che lavora alla sua opera, o forse ancora di più è come guardare un grande artigiano a lavoro… Continua la lettura.
Perché scriviamo di tecnologia?
Qualcuno potrebbe dire che i miei trattati tecno-filosofici affrontino temi futili, non fondamentali. Ma cos’è davvero fondamentale? Dovremmo porci anche questa domanda, giusto?
Se parlo e scrivo di tecnologia lo faccio soprattutto per l’effetto che questa ha sulla mia vita, e anche per le implicazioni che questo fatto comporta. Non è devozione. Anzi trovo – come ogni persona dotata di buonsenso – che un uso malsano della tecnologia possa creare tanti, tanti problemi.
Penso, anche, che non ci sia un argomento al mondo di cui non valga la pena parlare e scrivere. Se è la tecnologia a farmi fare tante cose e ad essere parte integrante della mia vita – come ha scritto Federico Travaini in risposta a Matteo – in quanto ‘mente critica’ mi trovo spesso a mettere in discussione il mio rapporto con essa, e questa è una pratica salutare… Continua la lettura.
Sull’essere più produttivi
C’è una parte di blogosfera fatta prevalentemente di nerd che amano parlare di tecnologia, caffè e produttività. Quest’ultimo argomento è al centro delle nostre attenzioni, e la tendenza generale è semplicemente quella di cercare strumenti che ci rendano più produttivi. Un articolo de Il Post, che ne riprende uno del New York Times, ci ricorda che uno strumento fondamentale per migliorare la qualità della nostra vita, e quindi la nostra produttività, è il sonno, ma solo se lo gestiamo nel modo migliore.
Secondo Randall per affrontare meglio il lavoro e gli altri impegni della vita, le nostre società dovrebbero rivedere il modo in cui hanno trattato il sonno nell’ultimo secolo.
Io non tifo Apple
Come ho più volte ripetuto in passato, quando tra amici si parla di iPhone contro Android, o Mac contro Winzoz, io la maggior parte delle volte non mi pronuncio. Proprio io, il geek, nerd o come volete. Il fanboy persino, a volte. Quando mi pronuncio, di solito è perché parlo con chi la penso come me. Ma che discorso è? starete pensando voi. In effetti sembra un ragionamento sbagliato, ma leggendo le ultime cose che ha scritto Maurizio Natali mi sono ricordato del vero motivo per cui mi tengo in disparte e non dico la mia nelle situazioni di cui sopra… Continua la lettura.
Sincerità radicale
A life of radical honesty is filled with a hundred confrontations every day. Small, but they’re relentless.
Ogni singolo giorno della nostra vita diciamo ad amici, parenti e colleghi tante piccole, innocenti bugie. Lo facciamo tutti, e la cosa non ci infastidisce particolarmente. Il giornalista A.J. Jacobs ha fatto un esperimento: ha provato ad essere totalmente (o meglio, radicalmente) sincero per un certo periodo di tempo. Per farlo si è rivolto all’esperto di sincerità Brad Blanton, che ha dato vita al movimento Radical Honesty. Questo è quello che ne è venuto fuori, ovvero una riflessione su quello che può produrre la sincerità incondizionata, e su come le piccole menzogne articolano la nostra vita… Continua la lettura.
Il futuro dei file
Il Mac si sta evolvendo, come ogni altra cosa, e sta cambiando in meglio ma anche in peggio, a seconda dei punti di vista. In meglio perché la strada della semplificazione è sempre un’ottima strada da imboccare, e questo lo suggerisce piuttosto chiaramente il successo senza precedenti di iOS. In peggio perché l’ultra-semplificazione dà per scontato che gli utenti siano stupidi. E se è vero che la grande maggioranza degli utenti, in effetti, ha bisogno di avere meno scelta e di avere davanti un computer facile da usare – dove ogni click è quasi scontato – c’è una parte degli utenti che non la pensa così… Continua la lettura.
L’errore più grande della mia vita
Avendo ventun anni, non posso davvero avere idea di quale sia l’errore più grande della mia vita, ma posso provare a indovinare qual è quella cosa che ha avuto conseguenze negative e che avrei potuto evitare. Bisogna anche dire che spesso la questione degli errori che commettiamo si riduce a questo: avrei voluto avere un atteggiamento diverso. Comunque, quello che mi sembra essere il singolo più grande errore commesso nella mia vita è l’aver vissuto per alcuni anni il futuro più intensamente del presente. Mi sono illuso che fosse un piccolo e accettabile (anzi, ammirevole) sacrificio quello di compromettere in qualche modo il presente per garantirmi un futuro migliore… Continua la lettura.