Il nuovo Facebook è peggiore del vecchio che era migliore di quello prima
The Hacker Way is an approach to building that involves continuous improvement and iteration. Hackers believe that something can always be better, and that nothing is ever complete. They just have to go fix it — often in the face of people who say it’s impossible or are content with the status quo.*
Così scrive Mark Zuckerberg in una lettera ai potenziali investitori. Queste parole hanno finalmente reso chiaro e limpido nella mia testa quello che ritengo essere un grave problema di Facebook e del web in generale (se non addirittura della tecnologia odierna, ma non mi voglio sbilanciare) che fino ad oggi non ero riuscito a mettere a fuoco.
Il problema consiste nella differenza che c’è tra un app nativa e una webapp, o ancora meglio tra un sistema operativo e un sito web complesso come Facebook. Mi spiego.
Nel primo caso (pensate ad iOS) ci sono piccole modifiche che vengono fatte tra una major release e l’altra, più o meno regolarmente, e portano il software da una versione x.1 ad una x.2, oppure da una x.0.1 a una x.0.2. Questi piccoli aggiornamenti possono essere anche frequenti perché non vanno ad apportare modifiche sostanziali al software, mentre generalmente risolvono dei problemi (mi riferisco ai cosiddetti bug fix). Al contrario, quando un software passa dalla versione 1 alla versione 2, o dalla 2 alla 3 e così via (si tratta appunto di major release), le modifiche sono sostanziali e possono modificare radicalmente l’esperienza utente, generando talvolta malcontenti, che rappresentano semplicemente la reazione più comune al cambiamento. Tornando ad iOS, il Notification Center o il Multitasking sono chiari esempi di feature da major release, ma vorrei fare un esempio diverso e più opportuno: lo scorrimento naturale di OS X Lion. Se quest’ultima discussa caratteristica fosse stata introdotta in sordina, senza preavviso, in un aggiornamento minore, la reazione sarebbe stata unanime e contraria. Aggiungendo questa feature in una major realease, si da ai consumatori l’opportunità di studiarla, di parlarne, di criticarla, di conoscerla. Un altro esempio, decisamente più estremo, è Final Cut Pro X. Quest’ultimo, chiaramente, non si può nemmeno considerare un aggiornamento del suo predecessore, di cui mantiene solo il nome. Come sapete FCP X è stato, ed è tutt’ora, oggetto di dure critiche, ma queste sarebbero state ancora più violente e spietate se il software fosse stato presentato come un’evoluzione, un “passo successivo”. Non è così. Talvolta i cambiamenti sono così radicali che bisogno dire ai consumatori: bene, questo è un nuovo inizio.
Passiamo alle web app e ai servizi online: quante volte avete letto le lamentele degli utenti di Facebook rispetto alle novità apportate a quest’ultimo? Lo slogan generalmente è: ridateci il vecchio Facebook. Perché ogni nuovo Facebook è peggiore del vecchio Facebook. Se fosse vero, teoricamente nessuno starebbe più usando l’amato/odiato social network, ma le statistiche suggeriscono il contrario. Il problema allora mi sembra un’altro. Le modifiche vengono inserite una alla volta, cambiando più o meno sostanzialmente il prodotto (Facebook) facendo si che gli utenti si debbano di volta in volta adattare a un sistema nuovo. Tutte queste novità si addicono alla vita quotidiana del nerd che cambia wallpaper compulsivamente e richiede ogni giorno inviti per servizi che non avrà mai ne tempo ne voglia di usare. L’utente normale, a mio parere, si sente invece sopraffatto dai continui cambiamenti, anche quando questi (e secondo me è il caso di Facebook) migliorano concretamente l’esperienza d’uso. Talvolta la reazione è del tipo “che bello questo nuovo sistema per fare questa determinata cosa”, ma nel complesso abbiamo a che fare con un vero e proprio work in progress.
Chiaramente Facebook non è l’unica azienda a modificare continuamente, a piccoli (più o meno) passi, l’esperienza utente. Qualcuno scrive sui recenti cambiamenti apportati all’interfaccia di Google+: Ormai non ci avvisano neanche più. Cambiamenti a ruota libera. E anche Twitter recentemente non è stato da meno.
Allora io non mi sento di giudicare questa scelta come giusta o sbagliata, ma non posso nascondere un certo disappunto per questa nuova era in cui quello che arriva ai consumatori non è il prodotto finito, collaudato. È un prodotto che potrebbe cambiare da un momento all’altro. È un prodotto in divenire. Mi viene anche in mente allora il concetto di expertise, e credo che in futuro debba necessariamente trasformarsi. Infatti, se la prospettiva è quella di un mondo tecnologico in cui ogni cosa è soggetta a continui cambiamenti e aggiustamenti, l’esperto non è più colui che sa usare un prodotto meglio degli altri, e ne conosce ogni aspetto, ma è soprattutto colui il quale sa adattarsi meglio ai cambiamenti, e le cui abilità sono più dinamiche. Pensate inoltre a prodotti come iPhone e, quindi, iOS che fino a pochi anni fa non esistevano e che vengono stravolti abbastanza frequentemente. Chi può certificarti come esperto? Quanto durerebbe la certificazione? Ma chiaramente questo è un altro discorso.
Oggi i sistemi operativi possono essere aggiornati over the air, diciamo al volo. Allora quando le connessioni ad internet saranno più veloci cosa succederà? I software cambieranno in tempo reale a seconda dell’umore degli sviluppatori? I servizi web che utilizziamo tutti i giorni per comunicare si trasformeranno continuamente?
Per concludere, siamo sicuri che quel continuous improvement sia davvero una bella cosa?