Skyfall e la morte apparente

La morte apparente è un particolare fenomeno esistente in biologia «caratterizzato da perdita della coscienza e della sensibilità, impossibilità di percepire il battito cardiaco e i movimenti respiratori, assenza dei riflessi»1. Anche nella costruzione delle storie esiste un espediente narrativo fondamentale che ha lo stesso nome e più o meno le stesse caratteristiche: il protagonista, durante l’inevitabile confronto con la morte – che in realtà è fondamentalmente un generico confronto con l’altro da sé – sembra morire per poi tornare in azione. Nel cinema espedienti come questo sono particolarmente evidenti soprattutto da quando le strutture soggiacenti alle narrazioni sono state elaborate sistematicamente da Christopher Vogler ne Il Viaggio dell’Eroe (che rielabora il lavoro di Joseph Campbell).

Tornando alla morte apparente, essa avviene nella Prova Centrale (The Ordeal nel testo originale), ovvero quando il protagonista «è nel ventre della balena»2; questo ci permette di assistere a un primo importante ritorno dalla morte dell’eroe. Penso a The Matrix, nel quale il protagonista viene colpito da più proiettili e ucciso. Sappiamo benissimo che il personaggio interpretato da Will Smith cioé ahem, scusatemi, da Keanu Reeves non può morire, ma nonostante questo la morte apparente del personaggio ci scuote e rende l’immedesimazione e dunque la conseguente catarsi inevitabili, o quasi. Neo è l’eletto.

[La Prova Centrale] è un momento critico in ogni storia, un passaggio doloroso nel quale l’eroe muore o sembra morire così che possa rinascere. È una fonte potente di magia del mito eroico.

Nella fase della Resurrezione «l’eroe sarà sfidato ancora una volta a ogni livello – spiega Vogler – e da ciò sarà anche trasformato, redento e resuscitato.» Penso al finale di Avatar, ma non mi va di raccontarlo perché l’avete visto tutti. Sì, è vero, anche The Matrix l’avete visto tutti. Andiamo avanti.

La purificazione e la conseguente catarsi non possono avvenire se non attraverso processi del genere, e preciso che la morte non va intesa in senso fisico. Come scrive Vogler, «nelle commedie romantiche la morte che l’eroe guarda in faccia potrebbe semplicemente essere la morte temporanea della relazione».

Anche nei film in cui non ci aspetteremmo un fenomeno drammatico come la morte apparente, essa può essere presente e anche in modo palese. TED di Seth McFarlane fa tanto ridere, ma non poteva sopravvivere ad Hollywood ed essere ambizioso senza un arco narrativo degno di un blockbuster: a spingere violentemente in questa direzione – davvero troppo, almeno nella seconda metà del film – è la morte apparente proprio dell’orsacchiotto Ted, quando verso la fine si spezza in due (letteralmente) per aria e precipita al suolo.

TED directed by Seth McFarlane

Bene, arriviamo ora a Skyfall di Sam Mendes (scritto da Neal Purvis, Robert Wade e John Logan) che da questo punto di vista è un caso molto interessante. Ciò che mi ha colpito infatti è la scelta di anticipare la morte del personaggio all’inizio del film, facendo in modo che il resto scaturisse da questo fatto emotivamente forte. Credo molto in questo dispositivo narrativo che, nonostante l’uso fin troppo frequente, si rivela essere sempre molto efficace.

James Bond falls off the bridge in Skyfall directed by Sam Mendes

Quando ero comodamente seduto in sala a vedere il film3, il pubblico era molto variegato e c’erano anche i soliti bambini che fanno i commenti scemi e ti chiedi perché non siano a casa a guardare Dragon Ball, ma nel momento della morte apparente del protagonista è calato il silenzio e immediatamente ho avuto l’impressione che lo schermo avesse afferrato il pubblico per tirarselo dentro (senza nemmeno il 3D stereoscopico, ecco). Magari in questo caso si è andati un po’ oltre visto che il personaggio viene colpito con un fucile di precisione, cade da un ponte e “muore affogato” – se non dissanguato, per l’impatto o tutt’e tre insieme – nella fantasia dello spettatore. Inoltre a questa scena segue la stupenda (ma lunghissima) sequenza dei titoli di testa, resa di conseguenza più potente e significativa.

Nella vita reale – se esiste una cosa del genere, ma diciamo semplicemente fuori dalla sala cinematografica – cerchiamo esperienze di quasi-morte in continuazione, spesso senza accorgercene. I casi più evidenti sono costituiti da tutti colori che praticano sport estremi, e dopo un salto da un aereo o da un ponte o da chissà che cosa si sentono più vivi che mai. Suppongo che Felix Baumgartner sappia esattamente di cosa sto parlando (ma in effetti non sono sicuro che legga questo blog).

Il Cinema fa sì che noi altri – che da un aereo ci butteremmo solamente in casi estremi – possiamo vivere questa esperienza di quasi-morte attraverso lo schermo, e per questo ne siamo profondamente grati (più o meno consapevolmente).


  1. Wikipedia ovviamente.

  2. Le traduzioni da Vogler in questo post sono mie perché sto attingendo al testo originale.

  3. Purtroppo mi sono sentito truffato a causa della scritta che c’era sulla locandina fuori dalla sala: proiezione digitale 2K. Quello che ho visto era al massimo un Full HD, e l’immagine non era nemmeno particolarmente luminosa o nitida.

Scritto da il 12/11/2012 in Film, Pensieri.