Siamo pesci esotici in un acquario
Questo post su Facebook di Brin-Jonathan Butler – segnalato da Diego Petrucci – è ricco di spunti interessanti:
Tutte le persone con cui preferirei non avere niente a che fare se non nella vita virtuale le posso osservare come pesci esotici in un acquario. Ma il punto è che non stiamo solo osservando pesci in una vasca. Anche noi siamo pesci in quella stessa vasca, e veniamo a nostra volta osservati.
Una deriva del discorso riguarda i cellulari:
Le pressioni esercitate affinché la gente si faccia Facebook sono le stesse che ci hanno spinto a comprare un cellulare. […] Così, il cellulare diventa un modo di evitare gli amici e la famiglia. Non ci dobbiamo mai più preoccupare di dar buca a nessuno. Basta fare una chiamata e inventare una scusa, e nessuno potrà metterlo in discussione. […] Nessuno metterà mai in discussone i motivi per cui non ci siamo fatti vedere, perché tutti fanno lo stesso e vogliono un margine di sicurezza per evitare di impegnarsi.
E poi, ecco:
Ad un certo punto i cellulari sono passati dall’essere una comodità all’essere una necessità. […] Una telefonata è in grado di frapporsi a qualsiasi cosa.
Mi è quindi tornato in mente il post che scrissi a luglio Io e la tecnologia:
Siamo (quasi?) arrivati a un punto in cui anche quando due persone hanno conversazioni importanti e delicate, non si può fare a meno di rispondere all’sms che è appena arrivato, distogliendo lo sguardo dalla persona che si ha davanti. «Ma io ti sto ascoltando!» diciamo al nostro interlocutore, che però in realtà stiamo privando di un indispensabile dispositivo della comunicazione faccia a faccia, il feedback visivo.
Se gli sms diventano un pericolo a causa dell’uso (o abuso) che ne facciamo, sono sempre più convinto che Facebook ci faccia inevitabilmente diventare, tornando alla metafora usata da Butler, pesci in un acquario che amiamo contemplare. Curiosiamo nella vita di persone con cui non siamo in grado di interagire o non vogliamo interagire. Cosa fate appena avete un nuovo amico o una nuova amica? Curiosate nelle sue foto, cercando di scoprire com’è la sua vita. Mi rendo conto, quindi, che io stesso talvolta utilizzo Facebook in un modo che reputo in qualche modo malsano, e allo stesso tempo per svariati altri motivi Facebook mi sembra uno strumento sempre più indispensabile. Ed è proprio questo che mi spaventa.
Tornando a un post dell’Atlantic che segnalai tempo fa:
A considerable part of Facebook’s appeal stems from its miraculous fusion of distance with intimacy, or the illusion of distance with the illusion of intimacy. Our online communities become engines of self-image, and self-image becomes the engine of community. The real danger with Facebook is not that it allows us to isolate ourselves, but that by mixing our appetite for isolation with our vanity, it threatens to alter the very nature of solitude.