Grazie, Twitter
Proprio ora che i toni della discussione si fanno concitati, e vengono scritte cose come Twitter can suck a bag of dicks, io voglio andare un po’ controcorrente e dichiarare il mio amore per Twitter.
Se è vero che, come azienda, Twitter sta facendo incazzare un po’ tutti, come servizio è ancora in piedi e le discussioni più interessanti su questo argomento stanno avvenendo proprio su, udite udite, Twitter.
Io ti voglio ringraziare, Twitter, che negli anni mi hai permesso di stringere amicizie e collaborare con persone di grande talento, entrando a far parte di una community stimolante e vibrante che mai avrei conosciuto su posti deprimenti come Facebook o nei meandri dei forum o tra i commenti dei blog.
Grazie, Twitter, per avermi permesso di seguire gente stupenda di ogni età, in ogni parte del mondo. Per avermi fatto scoprire progetti, articoli, libri, film, video, canzoni ed eventi che altrimenti avrei fatto molta più fatica a scovare.
Grazie, Twitter, per avermi fatto leggere cose intelligenti.
Per avermi dato modo di partecipare a discussioni che hanno allargato i miei orizzonti e aperto la mia mente.
Grazie per essere stato uno strumento così versatile, e gratuito.
Adesso so che le cose stanno cambiando, che come ha scritto Ben Brooks «…this is the moment in Twitter’s life where they kicked Steve Jobs out of the company and told Sculley to run it.», ricordando quello che ha passato un’azienda straordinaria come Apple quando qualcuno ha provato a snaturarla.
Perché questo sta succedendo a Twitter: sta perdendo la sua natura, andando contro l’evoluzione stessa della tecnologia spingendo verso un ritorno al web dal nativo, abbandonando i client. Ma soprattutto sta abbandonando la community dei suoi utenti tech-savvy proprio il social network che ha ereditato da questi ultimi alcune caratteristiche fondamentali.
Questo non è certo un addio, chi voglio prendere in giro? È un odi et amo che nasconde la speranza che non dovremo, come molti immaginano, trovare delle alternative.