Perché non dovresti cliccare ‘Mi piace’
Qualcuno, ogni tanto, scrive di come e quanto sono diversi Facebook e Twitter. Su quest’ultimo funzionano molto bene i tweet che denigrano il primo offendendone gli utenti – io stesso sono stato testimone di questo fatto quando ho ricevuto una moltitudine di RT esprimendo qualche parere non proprio entusiasta sul social network di Zuck. Ma al di là delle differenze più evidenti, ovvero quelle sulle quali sembrano essere tutti d’accordo e sulle quali quindi mi sembra inutile soffermarsi ulteriormente, ce n’è qualcuna che può venir fuori solo grattando pazientemente la superficie. Si tratta di qualcosa che non riguarda tanto le nostre abitudini sociali, quanto il modo stesso in cui comunichiamo, che è più condizionato di quanto non siamo disposti ad ammettere dai mezzi di cui disponiamo. È sul primo sito che voglio concentrare la mia attenzione.
Passando troppo tempo, come tutti, a comunicare attraverso i due suddetti servizi, mi sono reso conto di come le interazioni su Facebook siano spesso meno ‘entusiasmanti’ di quelle che avvengono su Twitter, escludendo le conversazioni nate dall’invito ad agire di un post, per esempio nei gruppi di amici o in seguito a certi eventi – cioè quando l’interazione è più o meno un requisito. In passato ho ricevuto su Facebook risposte molto estese ed elaborate ai miei post che non sarebbero state possibili su Twitter a causa dei celeberrimi 140 caratteri. Ma quelle erano le eccezioni. La verità è che è più facile ottenere un Mi piace che un sano parere o una genuina critica. È proprio del Mi piace che voglio parlare, l’invenzione che più di tutte, negli ultimi decenni, ha snaturato la comunicazione tra le persone (limitando lo sguardo al web, chiaramente). In particolare mi sembra che il Mi piace abbia due aspetti su cui vale la pena soffermarsi. In primo luogo il numero di Mi piace ci dà l’illusione che qualcuno stia partecipando a quello che facciamo mentre l’atto stesso di cliccare Mi piace è così veloce e privo di conseguenze significative che di per sé finisce per non avere alcun significato rilevante. In secondo luogo, quando clicchiamo Mi piace e non usiamo nemmeno un minuto del tempo a nostra disposizione per scrivere un commento, è come se dicessimo “Ci sono”, oppure “Ho letto”, ma questo fatto non dice niente su quello che pensiamo del contenuto in questione; inoltre ci dà di fatto l’illusione di aver agito in qualche modo e ci fa sentire con la coscienza pulita. Chiaramente in alcuni contesti particolari il Mi piace può essere un efficace metro di riscontro del coinvolgimento di una comunità rispetto a un contenuto, ma il mio pensiero è rivolto ai post di tutti i giorni, quelli che potrebbero far nascere delle conversazioni ma sono stroncati dalla banalità e velocità del Mi piace.
Spesso quando pensiamo ai social network ci piace pensare che questi portino sul web il nostro mondo sociale, e il nostro modo di relazionarci con gli altri, ma nella realtà quando siamo con amici, parenti, colleghi o persino estranei, rispetto a un’affermazione o a una domanda di qualcuno non ci limiteremmo mai a dire Mi piace per poi girarci e guardare altrove. Il Mi piace è troppo facile. Da quando è possibile esprimere il proprio gradimento in questo modo anche per i commenti, mi è capitato spessissimo di vedere decine di commenti a un post, tutti rigorosamente con Mi piace: è diventato infatti, in quei casi, come una notifica di lettura. Non ha molto senso se ci pensate.
Passando a Twitter, ammetto che mi accorgo ogni giorno di più di come questo sia una specie di meta-social network, o meglio un social network a cui piace parlare di sé stesso e dove la necessaria brevità ha un effetto collaterale inquietante: mi riferisco alla proliferazione di giudizi frettolosi e lapidari che siamo portati a dare quando vogliamo far sentire il nostro grido in mezzo ad altri mille e dobbiamo farlo con così pochi caratteri a disposizione. Ma su Twitter non c’è Mi piace, e questa non è una caratteristica tecnica, non è solo una feature che manca. È una cosa che Twitter ha in più rispetto a Facebook. Se leggi una cosa che ti interessa, puoi rispondere o puoi stare zitto. Punto. Certo, c’è anche l’RT, ma è una cosa a parte che non è il caso di affrontare qui.
Forse a questo punto vi sarà venuta la curiosità di sapere cosa succederebbe se il nostro Mark impazzisse e per una settimana disattivasse i Mi piace su Facebook. Le persone sarebbero costrette a dire la loro, forse, visto che quella fredda e macchinosa interazione veicolata dalla manina col pollice in sù risulterebbe inibita. Forse avremmo un motivo in più per commentare un avvenimento, per dire la nostra su una bella (o molto più probabilmente brutta) foto, per rispondere a un’affermazione controversa o mostrare il nostro entusiasmo per la vittoria o il successo di un amico, senza lasciare che sia un click a farlo al posto nostro.